venerdì 28 ottobre 2011

LA VITA E LA MORTE SONO UNA COSA SOLA, COME IL FIUME E IL MARE



Il Profeta di Kahlil Gibran



La Morte



Allora parlò Almitra dicendo: Ora vorremmo domandarti della Morte.



Ed egli disse:


Voi vorreste conoscere il segreto della morte.


Ma come potrete trovarlo, se non lo cercate nel cuore della vita?


Il gufo, i cui occhi legati alla notte non vedono di giorno, non può svelare il mistero della luce.


Se davvero volete contemplare lo spirito della morte, spalancate il cuore al corpo della vita.


Perché la vita e la morte sono una sola cosa, come il fiume ed il mare.


Nel profondo delle vostre speranze e dei vostri desideri risiede la muta conoscenza dell'Oltre;


E come semi che sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera.


Fidatevi dei sogni, perché in essi è nascosto il passaggio verso l'eternità.


Il vostro timore della morte è come il tremito del pastore davanti al re la cui mano si posa su di lui per onorarlo.


Non è forse contento il pastore, sotto quel tremito, perché potrà fregiarsi del segno regale?


Eppure non è forse più attento al suo tremore?


Perché cos'è morire, se non esser nudi nel vento e fondersi nel sole?


E che altro è non più respirare, se non liberare il respiro delle sue insonni maree,


perché possa levarsi ed espandersi e cercar Dio senza ingombri?


Solo quando berrete al fiume del silenzio canterete davvero.


E quando avrete raggiunto la sommità del monte, comincerete a salire.


E quando la terra esigerà le vostre membra, solo allora danzerete veramente.


E intanto era scesa la sera. E Almitra la veggente disse:


Benedetto questo giorno e questo luogo e il tuo spirito che ha parlato.


Ed egli rispose:


Ho io parlato? Non sono stato anch'io un ascoltatore?


Quindi discese i gradini del Tempio e tutto il popolo lo seguì.


E raggiunta la nave, sostò in piedi sul ponte.


E di nuovo, volgendosi al popolo, levò la voce e disse:


Popolo d'Orphalese, il vento mi spinge a lasciarvi.


Ho meno fretta del vento, ma pure devo andare.


Per noi erranti, sempre in cerca della via più solitaria, nessun giorno comincia dove un altro finisce;


e nessun'alba ci trova dove un tramonto ci ha lasciato.


Anche quando la terra sta dormendo, viaggiamo.


Noi siamo i semi d'una pianta tenace, e quando siamo maturi e il cuore è al colmo, siamo affidati al vento e seminati.


Furono brevi i miei giorni in mezzo a voi, e ancor più brevi le parole che ho detto.


Ma se nei vostri orecchi la mia voce svanisse, ed il mio amore dileguasse nella vostra memoria, allora io tornerò;


con un cuore più ricco e labbra più obbedienti allo spirito vi parlerò ancora.


Sì, tornerò con la marea,


E sebbene la morte possa nascondermi, e il più grande silenzio avvilupparmi,


cercherò ancora la vostra comprensione,


Né cercherò inutilmente.


Se ciò che ho detto è verità, essa dovrà rivelarsi con voce più chiara, e con parole più affini ai vostri pensieri.


Io parto con il vento, popolo d'Orphalese, non affondo nel nulla;


E se oggi non è l'adempimento dei vostri bisogni e del mio amore,


sia questa una promessa per un altro giorno.


Nell'uomo mutano i bisogni, non l'amore, né il desiderio che l'amore li soddisfi.


Sappiate, tuttavia, che dal grande silenzio io tornerò.


La nebbia che all'alba s'allontana, lasciando i campi coperti di rugiada,


si solleva e s'addensa in una nuvola per poi cadere in pioggia.


Non sono stato diverso dalla nebbia.


Nella quiete notturna ho percorso le strade e il mio spirito è entrato dentro le vostre case,


E i vostri battiti del cuore furono nel mio cuore, ed i vostri respiri sul mio volto, e tutti vi ho conosciuti.


Ho conosciuto le vostre gioie e i vostri dolori, e i vostri sogni nel sonno sono stati miei sogni.


E fui spesso tra voi come un lago fra i monti.


Specchiai le vostre cime e i curvi pendii, e le mobili greggi dei vostri pensieri e desideri.


E al mio silenzio, come ruscelli giungevano le risa dei vostri bambini, e come fiumi le ardenti brame dei giovani.


E quando raggiunsero la mia profondità, quei ruscelli e quei fiumi non cessarono più di cantare.


Ma venne a me qualcosa più soave che il riso e più vasto che la brama:


Lo sconfinato che era in voi.


L'uomo immenso, nel quale non siete che cellule e nervi;


Colui nel cui cantico tutto il vostro cantare è solo una pulsazione.


È nell'uomo immenso, che voi siete immensi.


E, contemplando lui, vi ho veduto e vi ho amato.


Perché quali altezze può raggiungere l'amore che vadano oltre quell'immensa sfera?


Quali visioni, quali attese e presunzioni, possono salire più in alto di quel volo?


Come una quercia gigantesca coperta di fiori di melo è l'uomo immenso in voi.


Il suo potere vi lega alla terra, la sua fragranza vi solleva nello spazio, e nella sua eternità siete immortali.


Vi è stato detto che somigliate a una catena e siete deboli quanto l'anello più debole.


Questa è una mezza verità. Siete anche forti quanto l'anello più forte.


Misurarvi dall'atto più meschino è calcolare la potenza dell'oceano dalla sua fragile schiuma.


Giudicarvi dai vostri fallimenti è biasimare le stagioni perché sono incostanti.


Oh sì, siete simili a un oceano,


E anche se le navi incagliate sopra le vostre spiagge aspettano l'alta marea,


neanche voi, come l'oceano, potete affrettare il vostro flusso e riflusso.


E siete simili anche alle stagioni;


E se nel vostro inverno ripudiate la vostra primavera,


La primavera, che riposa in voi, sorride nella sua sonnolenza e non si offende.


Non pensate che io affermi queste cose perché diciate tra di voi:


"Ci lodava. Non vedeva in noi che il bene".


Io dico solo con parole quello che conoscete nel pensiero.


E cos'è mai la conoscenza con parole, se non un'ombra della conoscenza senza parole?


I vostri pensieri e le mie parole sono onde che provengono da una memoria sigillata che custodisce i documenti dei nostri ieri,


E degli antichi giorni quando la terra non conosceva noi né se stessa,


E delle notti quando la terra era travagliata dal caos.


Uomini saggi sono venuti a voi per donarvi la loro saggezza. Io venni a prendere la vostra:


E vedo che ho trovato qualcosa assai più grande che la saggezza.


È uno spirito ardente in voi che raccoglie porzioni sempre maggiori di sé.


Mentre voi, incuranti del suo espandersi, piangete lo sfiorire dei vostri giorni.


È la vita in cerca della vita in corpi che temono la tomba.


Qui non vi sono tombe.


Queste montagne e queste pianure sono una culla e una pietra di passaggio d'un guado.


Quando passate per il campo dove avete sepolto i vostri antenati


guardate bene, e vedrete voi stessi e i vostri figli ballare mano nella mano.


In verità, voi fate spesso baldoria senza saperlo.


Altri uomini sono venuti, ai quali in cambio di dorate promesse fatte alla vostra fiducia,


avete dato soltanto ricchezze e fama e potere.


Io vi ho dato meno che una promessa, eppure siete stati più generosi con me.


Mi avete dato la mia più profonda sete per la vita.


Sicuramente, non v'è dono più grande per un uomo di quello che trasforma tutti i suoi scopi


in labbra arse brucianti e tutta la vita in una fonte.


E in questo è il mio vanto e la mia ricompensa:


Che ogni volta che bevo a quella fonte, trovo quell'acqua viva arsa di sete come me,


E mi beve, mentre io la bevo.


Alcuni di voi mi hanno creduto troppo orgoglioso e restio nel ricevere doni.


Sono in realtà troppo orgoglioso per accettare ricompense, ma non per ricevere doni.


E benché abbia mangiato bacche sulle colline, quando mi avreste voluto seduto alla mensa,


E abbia dormito nel portico del tempio, quando mi avreste dato volentieri un riparo,


Fu la vostra attenzione affettuosa alle mie notti e ai miei giorni che ha reso il cibo dolce alla mia bocca


e ha circondato di visioni il mio sonno.


Ma maggiormente vi benedico per questo:


Che date molto e non sapete di dare.


In verità, la cortesia che si rimira in uno specchio si muta in pietra,


Ed una buona azione che descrive se stessa con teneri nomi genera imprecazioni.


E qualcuno mi ha ritenuto schivo, e come inebriato della mia solitudine,


E ha detto: "Tiene consiglio con gli alberi del bosco, ma non con gli uomini.


Se ne sta solo, seduto in cima alle colline e guarda la città dall'alto".


È vero che sono salito sulle colline e ho camminato in luoghi remoti.


Ma come avrei potuto vedervi, se non da grande altezza o da lunga distanza?


In verità, può qualcuno esserci vicino a meno d'essere lontano?


Altri si volsero a me, dicendo, ma non con parole:


"Straniero, straniero, amante di altezze irraggiungibili, perché stai tra le vette dove le aquile fanno il loro nido?


Perché cerchi l'inaccessibile?Quali tempeste vorresti catturare nella tua rete,


E a quali uccelli di fumo dar la caccia nel cielo?


Vieni, e sii uno di noi.



Scendi e acquieta la fame col nostro pane e soddisfa la sete col nostro vino".



Dissero queste cose nella solitudine delle loro anime.



Ma se la loro solitudine fosse stata più profonda,


avrebbero capito che non cercavo altro che il segreto della vostra gioia e della vostra sofferenza,


E che davo la caccia unicamente al vostro io più grande che cammina nei cieli.


Ma il cacciatore era anche la preda;


Perché molte frecce lanciate dal mio arco cercavano solo il mio petto.


E il volatile era anche un rettile;


Perché non appena le mie ali si aprivano al sole, la loro ombra sulla terra era una tartaruga.


E io, il credente, ero anche il dubbioso;


Perché spesso ho messo il dito nella mia propria ferita per accrescere la mia fiducia in voi e conoscervi meglio.


Ed è con questa fiducia e conoscenza che vi dico:


Non siete rinchiusi nel corpo, né confinati nelle case o nei campi.


Ciò che siete dimora più su delle montagne, e vaga insieme col vento.


Non è qualcosa che striscia al sole per scaldarsi o scava buche nel buio per stare al sicuro,


Ma è qualcosa di libero, uno spirito che avvolge la terra e si muove nell'etere.


Se queste parole sono vaghe, non cercate di chiarirle.


Vago e nebuloso è l'inizio di tutte le cose, ma non il loro compimento,


E io vorrei mi ricordaste come un inizio.


La vita, e ogni cosa che vive, è concepita nella nebbia e non nel cristallo.


E chi può dire che il cristallo non sia nebbia corrotta?


Questo vorrei che ricordaste, rammentandomi:


Che ciò che in voi sembra più debole e confuso, è il più forte e il più determinato.


Non è il vostro respiro che ha eretto e indurito la struttura delle ossa?


E non è un sogno, che nessuno di voi ricorda di aver fatto, che edificò questa città e tutto quello che c'è in lei?


Se poteste vedere le maree di quel respiro smettereste di vedere ogni altra cosa,


E se poteste udire il mormorio di quel sogno non sentireste altro suono.


Ma voi non vedete e non udite, ed è bene.


Il velo che annebbia i vostri occhi sarà sollevato dalle mani che lo hanno tessuto.


E l'argilla che riempie i vostri orecchi sarà bucata dalle dita che l'hanno impastata.


E voi vedrete,


E udirete.


E non deplorerete la cecità conosciuta, né avrete rimpianti per esser stati sordi.


Perché in quel giorno conoscerete il fine occulto in ogni cosa.


E benedirete le tenebre, come benedirete la luce.



Dopo aver detto queste cose, egli si guardò intorno,


e vide il pilota della nave accanto al timone che scrutava ora le vele gonfie, ora la lontananza.


E disse:


Paziente, più che paziente, è il capitano della mia nave.


Il vento soffia e le vele non hanno riposo;


Anche il timone chiede la rotta.


Eppure il mio capitano attende con calma il mio silenzio.


E questi miei marinai, che hanno udito il coro del mare al largo, mi hanno ascoltato anch'essi con pazienza.


Non aspetteranno più a lungo.


Io sono pronto.


Il ruscello ha raggiunto l'oceano, e una volta di più la grande madre stringe il figlio al suo petto.


Addio, popolo d'Orphalese.


Il giorno è finito.


Si chiude su di noi come la ninfea sul proprio domani.


Quello che qui ci fu donato, noi lo conserveremo,


E se non basterà, dovremo ancora riunirci e tendere insieme le mani al donatore.


Non scordate che tornerò fra voi.


Un attimo, e il mio ardente desiderio raccoglierà polvere e schiuma per un altro corpo.


Un attimo, un istante di riposo nel vento, e un'altra donna mi partorirà.


Addio a voi e alla giovinezza che ho trascorso con voi.


È appena ieri che c'incontrammo in un sogno.


Voi avete cantato per me nella mia solitudine, e io ho innalzato con i vostri aneliti una torre nel cielo.


Ma il nostro sonno è volato e il sogno è finito; non è più l'alba.


Ora il meriggio è su di noi, e il nostro dormiveglia si è mutato nel giorno più pieno, e noi dobbiamo separarci.


Se nel crepuscolo della memoria dovessimo ancora incontrarci,


parleremo insieme di nuovo, e voi mi canterete un canto più profondo.


E se le nostre mani dovessero incontrarsi in un altro sogno, costruiremo un'altra torre nel cielo.


Così dicendo, fece un cenno ai marinai, e subito questi salparono


l'ancora e liberarono la nave dagli ormeggi, e drizzarono a oriente.


E un grido salì dal popolo come da un unico cuore, e si levò nel crepuscolo e trasvolò sul mare come una grande fanfara.


Soltanto Almitra rimase silenziosa, contemplando la nave finché svanì nella nebbia.


E quando la gente si disperse, restò sola sull'argine, ricordando nel cuore le parole:


"Un attimo, un istante di riposo nel vento, e un'altra donna mi partorirà".

giovedì 27 ottobre 2011

ARRIVEDERCI

La vittoria di Marco
Al crepuscolo di questa domenica piena di dolore il mio sogno vorrebbe disperatamente che un piccolo frammento di stella dal nome Marco Simoncelli non venisse spazzato via. Destino crudele, perché minacci il mio sogno? Cosa posso sperare? E sperare di fare che cosa, al di là delle lacrime per la fanciullezza perduta e al di là dell’angoscia nuda del dolore, sempre più insopportabile perché mi fa sentire impotente e colpevole di non averti stretto fra le mie braccia? Nulla. Quando il destino bussa alla porta proviamo la terribile sensazione di essere impotenti. Il giovane campione di nome Marco se n’è andato con il tramonto del sole della Malesia e il suo andare è stato un rumore di vita, il rumore gioioso che Marco ci ha sempre regalato. Il rumore dell’intervista che Marco mi ha rilasciato al Mugello nel mese di luglio mentre veniva massaggiato dal suo fidato fisioterapista. Quel giorno, all’inizio dell’intervista, avrei voluto rivolgermi ad un antico cavaliere e lui mi ha detto: “Diobò! Sono solo un lesto ragazzo con una folta capigliatura gradito a tanti, amato dalla sua ragazza e dai suoi genitori.” Il massaggio continua, la sua pelle viene accarezzata da mani esperte che scivolano sul suo atletico corpo e mi allontano un poco per rispettare quel rituale. Con commozione riporto la conclusione dell’intervista che gli avevo fatto per il libro che sto scrivendo e che con tutto il mio affetto gli dedicherò. Ecco le ultime domande.…dottorcosta: “Cosa pensi del dolore?”Marco: “ Non mi piace. Ma lo sopporto. E’ inutile lamentarsi. Lo sopporto in silenzio. Diobò è meglio così”. dottorcosta: “Cosa pensi del dolore dell’ anima?” Marco: “È brutto, tanto brutto, ma dopo lo sconforto che deriva da questa cosa brutta, mi viene come una carica. Mi sento meglio e guido meglio la moto” dottorcosta: “Quando corri contro chi corri?” Marco: “Mi verrebbe da dire per battere gli altri. Poche pugnette non voglio stare dietro. Poi, se ci penso ti dico che corro perché provo una sensazione unica, non te lo so spiegare, ma è qualcosa di speciale, nascosto dentro di me”. dottorcosta: "Perché hai i capelli lunghi?” Marco: “Mi piacciono, non mi fanno sentire normale, mi fanno sentire particolare, me stesso, unico”. dottorcosta: “Ti senti solo?” Marco: “No! No! C’è la mia famiglia, la mia morosa i miei amici che godono dei miei successi, c’è la clinica mobile che mi aiuta nei momenti difficili. Sento quanto bene c’è attorno a me, tanto di quel bene che mi scalda”. Il massaggio è finito, l’intervista è finita. Il padre Paolo e la graziosa morosa di Marco hanno ascoltato compiaciuti. Io ringrazio, con una carezza, uno dei miei piloti preferiti e gli racconto una mia riflessione: “Quando in questo campionato sei caduto e sei caduto tante volte molti ti hanno criticato, giudizi diabolici, ingiusti, invidiosi. Molti hanno addirittura preteso d’insegnarti ad andare in moto. Alcuni hanno vivamente consigliato di dirti di stare tranquillo, di consigliarti la prudenza. Ti ricordi, invece, cosa ti ho detto? Ti ho confessato che il collettivo, abbaiando contro l’umanità, ha dimenticato, forse perché non lo può ricordare, quando ha iniziato a camminare. Si cade, ci si rialza, si torna a cadere, ci si rialza di nuovo e spesso si ritorna a cadere. Tutto questo accompagnati dal sorriso della madre che ci consola e ci incita a perseverare, senza nessun accenno di rimprovero. Poi tutti abbiamo imparato a camminare spediti, ma pochi sono riusciti a percorrere il sentiero che porta alle vette della vita, perché la salita era troppo ardua e faticosa. Perché criticarli? Non sono già severamente puniti dal loro insuccesso? Invece tu, caro Marco, non solo salirai i gradini della vetta della vita, ma anche quelli del podio, dove come premio non c’è la coppa, ma il riconoscimento della tua forza di aver guardato in faccia alla Morte e sconfiggerla.”Ora la mia profezia si è avverata. Sei salito sul podio della Cecoslovacchia e dell’Australia. Oggi in Malesia hai guardato in faccia la Morte. E mentre ti stava avvolgendo con il suo nero mantello gli hai detto: “Diobò, ma non vedi che io non sono umano, perché io sono i miei sogni e con il mio talento sono il pane degli Dei che tu non potrai mai toccare? Non ti accorgi che rubi solo il mio corpo? Al contrario, il mio sorriso, la mia bontà, la mia simpatia rimarranno per sempre nel cuore di tutti. Per sempre. Non vedi che nello scacco che ti ho dato le lacrime si stanno per trasformare in ebbrezza? Ci metteranno un po’ di tempo, ma io credo molto in questo miracolo, specialmente per la mia famiglia e la mia ragazza. Questa è la mia vittoria nel Gran Premio della Malesia durato due giri.”Chi nello sport, inseguendo i suoi sogni, insegue contemporaneamente la sua tragedia, esce dal mondo della umanità per entrare nel mondo del divino, cruento, violento, ma pur sempre divino. Chi muore inseguendo un sogno sorride alla morte e il sorriso cancella qualsiasi violenza. L’alpinista sorride alla vertigine dell’altezza, il subacqueo sorride all’inquietudine degli abissi, il motociclista sorride all’ebbrezza della velocità. Lo sport è il palcoscenico, dove il corpo e la mente celebrano la loro potenza in quella fase della vita che è la gioventù. Nel motociclismo il gesto del pilota è esaltato dal rischio, un filo sottilissimo che separa, nel grigiore dell’asfalto, la vita dalla Morte. Un tenue confine tracciato dal pericolo, dove la vita, per cercare la vittoria, si spinge fino al brivido del suo eccesso. Oggi, Marco, hai provato quel brivido. Ti voglio bene. E non ti dimenticherò mai.

claudio marcello costa, clinica mobile

mercoledì 26 ottobre 2011

Fragilità e Speranza


«L'Uomo si distingue dagli altri animali per il fatto che è dotato del pollice opponibile, arto con il quale può impugnare e costruire qualsiasi cosa materializzando l'inegno. Un animale quando piove si sposta dove non piove, mentre l'uomo è in grado di costruirsi un tetto e rimanere dove sta. Ma l'Uomo invece di usare i pollici per edificare dei miglioramenti li usa per costruire le armi e per fare la guerra. La cosa peggiore è che per fare la pace ci vuole una presa di coscienza unanime, ma per fare la guerra basta un uomo solo. Come un castello di sabbia, la vita dell'Uomo è così splendida e così fragile, basta un'onda a farla cadere, ma se c'è fede in un ideale, si può ricominciare da capo, basta volerlo.» - Alexander-Einar Verdoux

....Amare....


Sono giorni tristi. A volte tutto sembra andare storto. E la notizia che il piccolo Kiko era andato via è stata quella che si suol dire "l'ennesima tegola in testa".

Sgomento, cuore in gola, tristezza infinita....e poi silenzio, tanto silenzio.

Tutto è accaduto così rapidamente, tutto è stato così inaspettato, lo shock è stato forte.

Forse tutto è successo perchè la sua immensa curiosità non lo ha frenato, quella strada, al di là della casa era così invitante che non ha potuto resistere....fammi vedere un pò che c'è lì? si sarà chiesto....

Curioso, scattante, felino, non poteva essere ingabbiato....

Questo non consola...e quello che è successo fa male .....così tanto che non si poteva immaginare....

Di solito io reagisco al dolore con la negazione, buttando tutto in un luogo profondo....
Forse sbaglio, forse il dolore va vissuto per arrivare ad una accettazione profonda della vita, la nostra e quella dei nostri amici che hanno allietato le nostre giornate. Senza fretta...

E dopo la negazione, dopo la rabbia, dopo la tristezza, può arrivare qualcos'altro...l'accettazione di quello che è successo.

Forse dopo l'accettazione possiamo imparare a ricordare i momenti bellissimi, a volte entusiasmanti, a volte dolci, passati insieme.

Non ho parole, anche queste che scrivo sono insufficienti a spiegare e a guarire....
Un abbraccio a chi ha avuto il privilegio di vivere intensamente questi mesi con lui.....

"Non è facile conquistare l'amicizia di un gatto. Vi concederà la sua amicizia se dimostrerete di meritarne l'onore, ma non sarà mai il vostro schiavo" - Théophile Gautier

"Molti animali hanno una loro costellazione che brilla in cielo di notte. I gatti no. Ai gatti bastano i loro occhi lucenti per illuminare il cammino" -Mary S. Emilson

lunedì 10 ottobre 2011

PIlar - parte seconda




Vi presentiamo Pilar...Che salto, che emozione, quanti dubbi....
Forse abbiamo fatto una "mossa" azzardata, forse non sapevamo realmente cosa stavamo facendo (....vi assicuro che non ci siamo mai drogati....ahahahaha!)...
Ora però è fatta....e dobbiamo cercare di essere uniti...
Questa è la prima mattina che resta da sola...speriamo che non si avvilisca troppo...

Si dice che nemmeno Roma è stata costruita in un giorno....Noi dobbiamo costruire questa nuova convivenza....SPERIAMO BENE!

Pilar

Il VERO standard del… Labrador retriever





ASPETTO GENERALE: è un cane di robusta costituzione, raccolto e molto attivo, con cranio largo, torace ampio e profondo, posteriore largo e robusto.
Prego notare quante volte vengono ripetuti termini come “largo”, “ampio”, “robusto”.
Si dovrebbe capire al volo, appena lette le prime righe dello Standard, che il Labrador è tanto cane. Tanta roba, e per di più roba robusta.
Sarebbe carino tenerlo presente e non pensare solo al cane della carta igienica, che è un cucciolo di un paio di mesi (e se a due mesi è già grosso così, si può intuire che da adulto non diventi esattamente un cosino tascabile: perché i cani, guarda un po’, crescono). Invece no: tutti a scaraventarsi a comprare un labrador, per poi ululare “ma tiraaaaaaaaa! Ma mi butta per terraaaaaaaa! Ma mi sfonda la poltronaaaaa!”.



MA VA’? Son 35 chili di cane, cosa pensavate di farci? Di portarlo nel marsupio, stile chihuahua?
Però, oltre ad essere largo-ampio-robusto eccetera, il Labrador è un cane fatto a cane.
E questo è il suo lato più affascinante, dal punto di vista estetico.
Un po’ stufi come eravamo, tutti quanti, di vedere cani miniaturizzati o gonfiati, alti, bassi, storti, gobbi, col muso schiscio o le orecchie a parabola che prendono sky… quando in Italia è apparso un cane fatto a cane ci siamo innamorati un po’ tutti.
Ma siamo stati definitivamente conquistati leggendo che aveva anche il seguente…


TEMPERAMENTO E CARATTERE: intelligente, attento e accondiscendente, desideroso di piacere. Di indole compiacente, mai aggressivo o timido.
Uh che bello! Un cane fatto a cane, con un carattere “fatto a carattere di cane”! Il classico cane dolce, fedele, obbediente di cui si legge nei libri, mica come il levriero afganistano del vicino, che quando mi vede si gira dall’altra parte e manca solo che sputi per terra, o come il ciuaua di miaccuggina, che quando gli dici “tesorino bello” e gli fai una carezza in testa cerca di staccarti un dito! Il Labrador è “il Cane”, maiuscolo, e io ne voglio assolutamente uno!
Dopodiché lo prendi e scopri che effettivamente è maiuscolo. Ma MOLTO maiuscolo. In tutto quello che fa.


D’altronde una cosa bisogna dirla, sullo spot della carta igienica: ci aveva messo correttamente in guardia. Perché un cucciolo normale, di fronte alla carta igienica, al massimo ne srotola un metrozzo, ci fa due buchi coi denti e la cosa finisce lì. Lui ci tapezza tutta la casa (oltre a se stesso).
Lo stesso vale un po’ per tutto il resto. Tipo: un cucciolo normale, quando rientri, ti fa le feste scodinzolando. Proprio male che vada, ti mette due zampe addosso.
Lui fa la danza della felicità come se fossero vent’anni che non ti vede, rotea la coda a elica spazzando via tutto quel che si trova nel raggio di duecento metri e poi, invece di saltarti addosso come i cani normali, ti prende per un dito (se è proprio cucciolissimo) o per una mano, o per un braccio (se è più grandicello) e ti porta in giro per gli stessi duecento metri, facendoti un male della madonna (ma senza averne la minima idea).


NOTA: la storia della “bocca morbida” del Labrador è una bieca menzogna.
I denti di un Labrador adulto saranno morbidi per gli altri Labrador, che infatti si divertono come pazzi a masticarsi a vicenda, ma sulla pelle degli umani fanno un male cane (perlappunto).
I denti del labrador cucciolo, che sono spilloni fatti e finiti, su un polso umano hanno un effetto tipo vergine di Norimberga.
Ovviamente il Labrador non ti morde MAI, perché è un cane buonissimo-mai-aggressivo-desideroso-di-piacere: però è un retriever, ovvero un cane da riporto. E quindi ti riporta.
No, non nel senso che riporta qualcosa “a” te: riporta proprio te.
Dove non si sa, a chi non si sa, l’importante è prenderti in bocca e andare, mentre tu ululi “Ahio! Mollami! Mi fai male!”.
Dopo due giorni che hanno in casa un cucciolo, fortunatamente, tutti gli umani di Labrador si muniscono di un dummy (il tipico riportello da retriever), ma anche solo di uno straccetto, un salsicciotto, un pollo di gomma, insomma qualsiasi cosa si possa utilizzare come prolungamento insensibile dei propri arti ipersensibili.


L’effetto conseguente è quello di “cucciolo che porta a spasso il padrone”.
Circa sei-sette mesi dopo si vedrà invece l’effetto “cane adulto che porta a spasso il padrone”, con un guinzaglio al posto dell’accessorio per cuccioli: col che si fa sempre una figura di merda, ma si è un filino meno comici di quando si viene portati a spasso attaccati a un pollo di gomma.



NOTA 2: anche sull’”intelligente”, a dire il vero, qualche piccola remora ce l’avrei.
Perché se intendiamo “docile”, “accondiscendente”, “facile da addestrare” eccetera… allora sì, ci siamo: a meno che l’umano non sia proprio impedito, un Labrador riesce a educarlo/addestrarlo anche un bambino. Chi ha letto o visto “Io e Marley” sappia che gli umani del libro/film erano assolutamente impediti, oltre ad avere un cane un filino più esagitato della media (ma neanche troppo): se vi siete immedesimati in loro, vi consiglio di filare ad iscrivervi a un corso per retriever (e non a un corso tenuto al parchetto da un’educatrice altrettanto impedita, come quella di cui si legge/che si vede nel libro/film).


Se però per “intelligenza” intendiamo “capacità di ragionare sulle situazioni e di risolvere problemi”… embe’, qui non è che propriamente si brilli.
Perché l’atteggiamento mentale del Labrador medio, di fronte a un problema, non è: “lo risolvo”, bensì: “me lo mangio”.
Porta chiusa? La mangio (e ci riesce, alla faccia della bocca morbida).
Rete che mi impedisce di uscire dal giardino? Me la mangio.
Mi è finita la crocchetta sotto il cuscino del divano? Me lo mangio (il cuscino, il divano e POI, se l’ho trovata, anche la crocchetta).
Nello stomaco di un Labrador si può trovare in media la stessa varietà/quantità di materiali ed oggetti che si possono rinvenire nella pancia di uno squalo bianco (esclusi gli umani, perché quelli lui non li mangia: li riporta).


ATTITUDINI: retriever dotato di eccellente olfatto, bocca morbida (AHAHAH!, come già commentato sopra), molto amante dell’acqua.
Adattabile e affezionato compagno.

E qui lo Standard ti buttà lì di passaggio la storia dell’acqua, per poi intortarti con l’”adattabile e affezionato compagno” per intenerirti e farti dimenticare quello che hai letto subito prima. Invece
MOLTO AMANTE DELL’ACQUA andrebbe scritto in maiuscolo, grassetto e pure in rosso, tipo segnale di allarme.
Perché il Labrador, come vede un qualsiasi specchio d’acqua, ci si fionda dentro (e se tu sei attaccato al guinzaglio, ci fionda dentro pure te).
Che si tratti di chiare fresche e dolci acque, oppure di pozzanghera puzzolente e stagnante, lui CI VA. Punto.
E ne esce fuori colante fango, tipo Blob (no, non quello di RAI3: quello del vecchio film con Steve McQueen): dopodichè, siccome è felice come una pasqua di aver trovato l’acqua (il Labrador NON distingue tra i due concetti di “acqua” e “fango”), prima si scrolla (con effetto tsunami, copertura un chilometro circa) e poi ti salta addosso per condividere con te questa gioia, perché lui è un cane buono e desideroso di piacere.


NOTA: ho scritto “specchio d’acqua”, ma ovviamente non c’è bisogno che sia uno “specchio”. Vanno benissimo anche fontane, fontanelle, vasche, innaffiatoi automatici e così via.
E va benissimo il mare, sa va sans dire.
La prima volta che lo porterete al mare, il Labrador:
a) correrà plasticamente sulla riva, con le orecchie al vento e l’espressione da cane felice, e voi gli farete millemila foto perché “guarda che bello che è”;
b) devierà bruscamente dalla riva per andare ad assaggiare l’acqua;
c) sputacchierà schifato (bleah, ma è salata!);
d) penserà: “Vabbe’, salata o non salata, sempre acqua è” e si tufferà felice, tentando di raggiungere la Corsica;
e) dopo che l’avrete richiamato e/o inseguito a nuoto (dipende dalla vostra abilità come educatori) uscirà dall’acqua, si scrollerà inondando voi e la macchina fotografica (se volete fare una foto bella come questa qui sotto, coprite la macchina fotografica con il rivestimento che si usa per le foto subacquee: altrimenti ciccia), si rotolerà beato nella sabbia fino ad assumere le sembianze del consueto Blob, ma in versione più ruvida. Dopodiché vi scrollerà nuovamente addosso acqua (residua) e sabbia.



La perniciosa attrazione del Labrador per l’acqua, di ogni tipo forma e colore, lo renderebbe particolarmente adatto alle gare di Splash Dog, che però in Italia (almeno che io sappia) non esistono. Invece in Italia esistono tante scuole per cani da salvataggio nautico, che infatti impiegano moltissimi Labrador.


In Italia (e non solo) ci sono anche Labrador da agility: ora, a me non sembra sinceramente che “labrador” e “agility” possano stare nella stessa frase, specie se stiamo parlando di cani show (v. alla voce “Tronco”).
Se il cane NON è una vacca, ci si può anche pensare, fermo restando che bisognerà stare molto attenti alla preparazione atletica e a tutto quanto potrà impedire ad un cane così pesante di scatafasciarsi legamenti e dintorni (facendo anche attenzione alla classica reazione del Labrador la prima volta che vede un tunnel o una palizzata. E cioè: “Bello, cos’è? Boh, io intanto me lo mangio, poi vediamo”).



TESTA: cranio largo (ma taaanto largo), di marmo di Carrara, capace di fratturare nasi e zigomi senza neppure accorgersene.
Il Labrador è un cane buono e dolce solo perché, in realtà, non ha alcun bisogno di mordere: gli basta saltare addosso allegramente a un umano per mandarlo all’ospedale.
Se non ci riesce così, ci riuscirà trainando l’umano al guinzaglio e mandandolo a sbattere contro alberi e pali (a volte ci sbatte anche lui – vedi voce “intelligenza” – ma avendo il capoccione di marmo di Carrara non sente nulla) o facendolo direttamente scatafasciare al suolo.
A questo punto si potrebbe pensare che il Labrador sia un finto buono, mentre in realtà è un cane perfido e ipocrita che cerca di distruggere gli umani fingendo di amarli.
Non è così. Lui li ama davvero e non vorrebbe mai fare loro del male, per nessun motivo al mondo: solo che non ha la minima idea di quanto sia grosso, pesante e invadente (vedi sempre voce “intelligenza”).


TARTUFO: largo, con narici ben sviluppate, capaci di sentire odore di cibo a chilometri di distanza.
NOTA: Il Labrador è sprovvisto di fondo. Quindi, dopo aver sentito l’odore di cibo (o di qualsiasi cosa che gli sembri tale: anche qui ha qualcosa in comune con lo squalo bianco) farà tutto il possibile per ottenerla. Il che può tradursi in suppliche spudorate (v. “occhi”) se è presente un umano, ma anche in improvvisi risvegli della famosa intelligenza.


O meglio: in parte no, perché il primo tentativo sarà sempre il solito (porta del frigo chiusa? Me la mangio. E poi mangio tutto quello che c’è dentro).
Se però la porta in questione fa resistenza, scatta la fase B: “Ok, imparo ad aprire la porta del frigo con le zampe o col naso (e poi mangio tutto quello che c’è dentro)”.
In questi casi, il pacioccone un po’ scemone a cui ci eravamo abituati diventa un Einstein a quattro zampe. Nessuna serratura al mondo gli resiste.


OCCHI: di media grandezza, che esprimono intelligenza e buon carattere. Di colore marrone o nocciola.
NOTA: sulla media grandezza e sul colore, siamo d’accordo. E basta.
Perché il concetto che esprimono maggiormente non è nè l’intelligenza, né il buon carattere.
E’ qualcosa come: “Abbiate pietà, sto morendo di fame” (espresso in varie sfumature via via più spudorate e strappalacrime, sia dai cuccioli che dagli adulti).
Questo è forse il motivo per cui molti Labrador non sembrino più appartenere al genere canis familiaris, ma al genere “vacca latifera“, il cui nome scientifico in latino mi sono appena inventata, perché quello vero non lo so.
Ma l’importante è che si sia capito il concetto.


BOCCA: mascelle e denti forti (ahhhhh!!! Visto che la “bocca morbida” era una fregatura?) con perfetta, regolare e completa chiusura a forbice.
Scherzi a parte: “bocca morbida” non significa che il cane abbia i denti di gommapiuma, bensì che è particolarmente delicato nel riportare gli oggetti o (sigh) gli animali uccisi dal cacciatore.
Li riporta senza neanche un buchino, cosa che il fagiano o la lepre apprezzerebbero molto, se non fosse per il fatto che sono già morti perché qualche stronzo gli ha sparato addosso.
Resta il fatto che la delicatezza utilizzata per non bucare la pelle di un fagiano morto non basta a non far sentire un male della madonna alla pelle di umano viva.
Questo è il motivo per cui il Labrador DEVE assolutamente essere educato/addestrato (a seconda delle esigenze degli umani) a riportare cose diverse dagli umani vivi. Il bello è che queste cose alternative NON devono essere necessariamente animali morti ammazzati, perché ci sono corsi – e anche gare – per retriever in cui si impiegano esclusivamente i dummies.


In questi corsi si aiutano anche gli umani a non farsi trainare dal cane, a scoprire che il Labrador “è” un cane docile ed obbediente” (lo si scopre di colpo, proprio tipo rivelazione sulla via di Damasco, non appena l’istruttore ci spiega quelle due cosette che ci fanno smettere di essere umani impediti) e a non farsi distruggere la casa perché lì il cane ha modo di correre, nuotare, lavorare, insomma sfogarsi.
E quando arriva a casa è stanco, rilassato e appagato come tutti i cani che hanno trovato un senso nella loro vita. Quindi, finalmente, dorme (non credevate che ne fosse capace, eh? E invece… guarda quante cose si scoprono con un semplice corso!).


NOTA: il Labrador, pure quando dorme, tenderebbe ad essere invasivo/invadente.
Infatti lui ama dormire (nell’ordine): a) svaccato su di te; b) svaccato sui tuoi piedi, specialmente se è Ferragosto e tu hai già un caldo della miseria; c) svaccato sul tuo letto, occupandone buoni tre quarti (quattro quarti se trattasi di letto singolo); c) svaccato sul divano, nel caso in cui tu non avessi intenzione di andare a letto, ma magari quella di guardare un po’ di TV.
Per salvarsi c’è un solo modo: prendere un secondo Labrador.
Di giorno forse potrà essere un attimino complicato gestirli entrambi, ma avrete risolto il problema della notte.



TRONCO: torace di buona ampiezza, profondo con costole ben estese verso la parte posteriore del tronco e cerchiate. Rene largo, corto e solido.
Lo Standard NON dice da nessuna parte che il cane debba essere grasso come un maiale.
Sì, d’accordo: uno strato di grasso ci vuole, per proteggere meglio gli organi vitali dal freddo quando il cane resta a lungo in acqua.
Però “uno strato”, non “una montagna” di grasso. Che fino a prova contraria, son due cose diverse. Tra l’altro non si capisce perché lo “strato” ce l’abbiano i cani da lavoro (quelli che in acqua ci vanno davvero) e la “montagna” ce l’abbiano i cani da show (che in acqua ci vanno solo quando la vedono e il loro umano non fa in tempo a rimettergli il guinzaglio).


CODA: costituisce caratteristica distintiva della razza: assai grossa alla base si assottiglia verso la punta; di media lunghezza, priva di frange, ma intensamente ricoperta di pelo corto, spesso e fitto che gli conferisce quell’aspetto rotondeggiante definito “coda di lontra”. Potrà essere portata allegramente, ma non dovrà arrotolarsi sul dorso.
NOTA: la vera caratteristica distintiva della razza non è tanto la coda di lontra, quanto la coda a devastazione totale. Dove passa, spazza: però solo nei cani giovani, perché gli adulti imparano a tenerla bassa quando girano per casa. Scondinzolano lo stesso (la coda del Labrador è la dimostrazione lampante che il moto perpetuo esiste), però scondinzolano basso.
I cuccioloni, invece, scodinzolano a mille, abbattono tutto ciò che si trova sul cammino del loro treno posteriore, poi quando sentono CRASH sobbalzano, si voltano a guardare, vedono i cocci per terra e gli viene il fumetto con scritto: “Cos’è successo? Io non c’entro, eh!”. E sono pure convinti: il Labrador ha coscienza di sé solo fino a metà cane, mentre è del tutto ignaro di ciò che combina il suo sedere, accessori compresi.


MANTELLO: corto, fitto senza ondulazioni o frange, abbastanza duro al tatto, con sottopelo resistente all’acqua. Se l’acqua non c’è, il cane puzzicchia di cane e basta.
Se l’acqua c’è, puzzicchia di cane bagnato, che è mooolto peggio.
Però, appena si asciuga, smette (e cominciate a puzzare voi, perché nel frattempo vi si sarà strusciato addosso).


COLORI: Giallo (come in “Oh, che bel labrador (a scelta) miele- fulvo-dorato-chiaroooooo”); Nero (come in: “E’ un rottweiler, vero che è un rottweiler? Me lo tenga lontano, che io ho paura dei rottweiler!”; Chocolate (Come in: “Bello, cos’é? Un incrocio di Labrador?).


E comunque…casinaro o meno, “marleystico” o no, resta il fatto che il Labrador è il più bel cane del mondo.